Sound Cycles @Haslla

Festival Pace e Vita. Goseong, Maggio 2012

Casella di testo:   La doppia spirale di filo spinato – elica dna marziale – ci accompagna per tutto il percorso, duecento chilometri verso nord, costa sassosa, montuosa e spiagge, dove cavalca una cancellata metallica con rare porticine che vengono chiuse ogni sera.

Punteggiata di torrette mimetiche ogni trecento metri – si intravedono figure incappucciate che combattono il freddo umido con esercizi ritmici per affrontare gli attesi Tartari – è una presenza costante, quando l’occhio la perde si allerta, per ritrovarla poco più in la, nascosta da un avallamento della strada o da un segnale turistico.

Numerosi spiccano i mausolei, i vecchi guardamine spiaggiati trasformati in ristobar, le colline disseminate di incongrui aerei da trasporto truppa e bombardieri: qui il turismo si è sviluppato così, con quella stessa aria vacanziera che stride anche sulle nostre Alpi orientali, tra arrugginiti cavalli di frisia, vin brulè e casematte tristissime della Grande Guerra.

 

Improvvisamente realizzo che la barriera è scomparsa, adesso le spiagge appaiono libere, né si vedono più mezzi militari…ma è pieno di militari su macchine borghesi, noto anche indicazioni di barracks, headquarters e quei segnali numerici che riferiscono la capacità di percorrenza per mezzi speciali. Siamo arrivati nella De Militarized Zone che, come (non) dice il nome è una delle zone più militarizzate e controllate dell’intero globo.

 

Siamo qui in missione per conto dell’Arte, bisogna preparare il Festival Pace e Vita: otto adulti consenzienti  seduti al tavolo di una caffetteria - tre macchinette per bibite calde e fredde - all’interno di un Acquario meta di gite scolastiche percorso da mandrie urlanti di ragazzini tutti con la stessa tuta della stessa scuola sbarcati  da una flotta di pullman tutti dello stesso colore.

Sarà tra soli 18 giorni, c’è appena tempo per ideare e costruire, organizzare trasportare e montare.

Il rientro corre ancora sotto cieli plumbei, qualche rovescio e vari appisolamenti traditori, rivincite dei fusi orari ancora confusi dopo la seconda notte.

 

 

 Casella di testo:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2- Gli Occhi del Generale

Gli occhi del Generale si allungano e restringono un po’ di più ad ogni brindisi, così come il luccichio di malizia aumenta mentre parla con la bellissima Foresta Estiva, la nostra organizzatrice.

Al quindicesimo discorso le mani sembrano moltiplicarsi ed allungarsi come tentacoli, non c’è l’ammicco dei nostri tombeurs né la groseria del latino, ma il gesto è inconfondibile, ci prova alla grande!

                                 

Casella di testo:

 

Intanto il Sindaco barcolla tra un tavolo e l’altro, ad ogni commensale ripete l’offerta – è segno di cortesia appoggiare la mano sinistra sul cuore quando si riceve qualcosa- del bicchiere pieno da svuotare in veloce sequenza ricambiando poi il favore colmando a propria volta il bicchiere dell’ invitante…che ovviamente beve un bicchiere pieno ad ogni brindisi…dopo qualche scambio l’operazione diviene confusa  anche nella descrizione, ma gli assistenti –sobri -  del sindaco- lo seguono attenti pronti a reggerlo al primo barcollare….

È domenica venti maggio, il Festival si è finalmente svolto, io registro tutto quello che succede in modalità aperta (open mind ).

Non mi fido più di tanto delle dichiarazioni di militari che lottano per la Pace, è come se un quadro dirigente di Banca Intesa dicesse di lottare per l’eliminazione del proprio pingue assurdo stipendio  pregando di ritrovarsi jobless fired disoccupato. Anzi, l’idea che ci vogliano usare – ci stiano usando per farsi una verginità pacifista è più che un sospetto, ma rimane il principio che comunque, se riusciamo a farlo, a qualcuno di questi scolari un  giorno verrà in mente che Arte sta insieme a Pace, ed è altrettanto bella, mentre la Guerra, quella non la vuole nessuno.

 

 

Casella di testo:   Perché si, come nei felliniani amarcord di cerimonie ufficiali il pubblico è costituito da centinaia di militari di leva in tuta mimetica, altrettanti scolaretti in grembiule e fiocco, elegantissime mogli di generali e autorità e noi, gli Artisti, un po’ da parte (come se non si fidassero poi del tutto del resto si sa chi gioca di fantasia…).

L’organizzazione è ferrea, la scenografia alla De Chirico: l’edificio dell’Aquarium, l’enorme piazza con al centro il quadrato di sedie ( saranno quaranta per quaranta ), il palco e alle spalle di questo una grande tolda in legno e l’ampia scalinata che da sulla spiaggia profonda 200 metri, poi un’isola che si perde nell’azzurro del mare…a sinistra la Zona Demilitarizzata e la presenza –certa, sentita, onnipresente, al di la di defilate alture – dei lunghi occhi dei Fratelli del Nord. Il tutto sdrammatizzato dall’aria vacanziera primaverile del sole forte, l’aria pungente, i gabbiani stridenti, la sabbia invadente, Kim-Pa (involtini di alghe) e dolcetti di riso.

 

 

 Casella di testo:    La corvochiomata annunciatrice dalla bellezza glaciale ricorda uno di quei cucù svizzeri che martellano ore, mezze ore e quarti, inesorabili, inarrestabili.

Segue scandendo con brevi presentazioni le poesie dei bambini – che immagino liricamente dedicate a Lirici Eroi – le sparate dei politici, i pistolotti dei militari e le boutades degli artisti con uguale attenzione, fasciata dall’ uniforme tallieur blu aviazione e armata di un terrificante microfono senza fili che le permette di sovrastare e fare rispettare la Scaletta a qualsiasi costo.

Così, sotto il sole che intanto è diventato cocente ed accecante, fa sospendere a metà l’esibizione di un gruppo di canto tradizionale, stringe i tempi di un sindaco verboso, strizza il balletto delle Figlie della Pace e soprattutto mi impedisce di eseguire una prova suono dignitosa a me, che sono arrivato col mio solito valigione verde pisello pieno di cavi cavetti e cavettini scatolette tripodi e marchingegni e che mi sono accorto adesso che devo suonare non sotto un tendone attrezzato ma in pieno sole – così come mi sono accorto solo adesso che in pieno sole i piccoli schermi led rossi e verdi degli insostituibili pedali elettronici diventano invisibili.

Casella di testo:  Ma niente la ferma, come una Erinni infuriata continua il suo lavoro di distruzione: appena finito di provare la prima serie di strumenti – quelli analogici – mi fa togliere la linea e da il via ad un gruppo A Cappella che si esibisce in tre pezzi Gospel cantati rigorosamente in Coreano. Poi tocca ad un giovane cantautore pop locale (tre brani e mezzo!) e poi è la volta dei discorsi (ed io? mi dicono di non preoccuparmi, mi hanno tenuto come pezzo forte, il mio Robots against War sarà il clou, dopo il taglio del nastro). Così capisco che il nastro rosso e blu che chiude la scalinata verrà tagliato in modo ufficiale: finalmente altre signorine in divisa ci danno dei guanti bianchi e forbicione in similoro, una quarantina in tutto. Ci sistemiamo dietro al nastro e attendiamo, forbici sull’attenti, che la tremenda annunciatrice termini di urlare il conto alla rovescia per tagliare all’unisono il nostro pezzetto di nastro.

 

 

Così, finalmente, quando tutti ma proprio tutti si girano e scendono sulla spiaggia per scoprire le decine di sculture sparse su centinaia di metri, mi sento militarescamente chiamare dal microfono al mio dovere: devo suonare adesso, perché così sta scritto. Del resto, gli ordini bisogna eseguirli senza discutere, ed io suono; mezzo accecato dal sole, senza riuscire a capire quale pedale sia in funzione, cercando di combinare qualcosa di indimenticabile, con davanti a me 1600 sedie vuote.

A parte la prima fila occupata da una piccola squadra di militari di leva in divisa khaki che consuma il rancio: Kim-Pa (involtini di alghe) e dolcetti di riso.

Casella di testo:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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